venerdì 2 luglio 2010

PadIGlioNe ItaLiano EXPO 2010

Expo 2010 Shanghai China

Osservando il plastico dell'architettura progettata da Giampaolo Imbrighiper ilPadiglione Italiano alla Expo 2010 di Shanghai, l'idea è quella di un tessuto urbano. Il padiglione è metafora della complessività topografica delle città italiane e dell'analogia tra la complessività compositiva di più corpi edilizi in un unico volume puro, tipico del succedersi di vie e piazze italiane e i tessuti delle antiche città cinesi.

L'
Expo Universale di Shanghai conta 5,28 Kmq espositivi spalmati lungo la riva del fiume Hangpu e sarà strumento esplorativo della vita urbana del 21° secolo, secondo il "Better city, better life" tema sintetizzato dal Padiglione Italiano con un modello di città dell'uomo in grado di coniugare innovazione e conservazione della sostanza storica in simbiosi con il territorio. In altro modo, se osserviamo il plastico del Padiglione Italiano emerge la visione stratificata di una materia selezionata, che oltre a rappresentare la pluralità dell'italianità, è emblematica del contrasto fra trasparenza e non trasparenza in ogni sua sfumatura.






L'eccellenza italiana relativa alla qualità della vita nelle aree urbane trasla il concept dell'eccellenza innovativa sul versante delle tecniche costruttive eco-sostenibili sino ad arrivare a concepire un edificio-macchina bioclimatico a pianta quadrata di 3,600mq per un'altezza di 18m di cui il sistema atrio ne rappresenta il cuore: dal punto di vista del microclima, l'atrio è zona di transizione e di prima acclimatazione rispetto ad altri spazi maggiormente climatizzati.




E' un volume vitreo a tutta altezza che insieme ai tagli operati nel corpo, vere e proprie gallerie del vento, agisce in vista del confort collaborando con un sistema a regolazione automatica di estrazione dell'aria calda. La trasparenza è data da lastre in vetrocamera costituite da cellule di sicurezza unite con silicone strutturale ad alta resistenza; la superficie rivolta verso la camera è trattata con un deposito trasparente di ossidi metallici che conferisce proprietà di controllo dell'irradiazione solare, massimizzando la luminosità della struttura e riducendo drasticamente il surriscaldamento interno. Le lastre sono fissate meccanicamente a profili in alluminio inseriti nelle strutture in acciaio che compongono l'architettura del padiglione.








giovedì 1 luglio 2010




"URBANVOIDS™ STRATEGIE NUOVE PARTNERSHIP PER PROGETTI SOSTENIBILI NELLA CITTÀ DI ROMA" Di Marta Moccia, Vanina Ballini eds




UrbanVoids™ presenta venti progetti basati sulla combinazione di più attività (commerciali, lavorative, infrastrutturali, residenziali e ambientali), ma ciascuno con una innovativa funzione trainante. Nascono così proposte di hotel per turismo giovanile, case autocostruite con orti urbani, mercati ecologici, spazi per campeggiatori, centri sociali di nuova concezione, edifici per la musica o contro l’emarginazione sociale. La valorizzazione piazze e slarghi degradati, o di vuoti abbandonati e lo studio di nuovi approcci bioclimatici, rappresentano aspetti qualificanti le proposte insieme all’utilizzazione di tecnologie informatiche (da google map a una rete di Blog) La forza di UrbanVoids™ non è però nei singoli aspetti, ma nel loro intreccio e sviluppo sinergico; le componenti si integrano, si valorizzano, trovano alimento e forza l’una dall'altra, diffondono una coscienza critica, generano le partnership necessarie a iniziare la realizzazione concreta di alcuni dei progetti proposti.

CoNTAinER? Why NoT? !



"....in senso concettuale e reale, il container rappresenta l'idea di provvisorietà dell'oggetto e dell'intrinseca impossibilità del suo radicamento al luogo"

Condominio rom

ARCHITETTURA IN MOVIMENTO

"L’architettura in movimento a cui fa riferimento il titolo è quella che, secondo una tendenza che ha cominciato a prendere forma soprattutto in quest’ultimo decennio, utilizza come elemento base del progetto il container; imponendo ad esso un diverso uso, una differente finalità di tipo artistico o abitativo, liberandolo dalla spesso infruttuosa attesa -nelle banchine dei porti accatastato in bell’ordine a formare altissime colonne- di essere avviato nelle più lontane destinazione nel Mondo.[...]
A Londra, è stato realizzato da Nicholas Lacey and Partners, nel 2006, un condominio a basso costo per giovani artisti, denominato
Container City. L’intervento è stato promosso dall’Urban Space Management. L’idea alla base del progetto, situato in una zona periferica dell’area metropolitana inglese, l’East Indian Dock, è stata quella di recuperare delle componenti di natura industriale a basso costo e di studiare per esse delle soluzioni d’impiego innovative; utilizzando un sistema a ballatoi e scale che collega i vari piani e unisce i diversi blocchi tra loro."( dalla rivista di architettura
(H)ortus
)


















SIZE CONTAINERS :come in 2 standard external sizes (all Imperial) which are 40 foot by 8 foot (12 m x 2.4 m) or 20 foot by 8 foot. (6 m x 2.4m)
Height: Standard height is 8 foot (2.4m), although “hicubes” are available which are 9.5 feet high (2.9m).
Construction: They are made of “corten” steel and thus are resistant to rust. The steel panels (walls and roof) are all 2 mm thick.
Spaces:
The main thing we have done is to combine containers by stacking them and taking out their internal walls, so that a range of spaces are created – all based around 16, 24 or 32 foot wide rooms – whose lengths can be varied up to 40
feet.
Services:
Water, drainage and power are all required at the site. Services such as power and drainage can be run either internally or externally. We recommend that electricity is used for heating. Heating costs are generally low as they are so well insulated.

martedì 29 giugno 2010

La FrAmmEntaZione

E' come avere un milione di pezzi di mosaico che non compongono la stessa figura, che non potranno mai essere assemblati e costruire un'unità, poichè non provengono da un insieme unitario.
D.Libeskind, 1991

La scelta della moltiplicità passa attraverso l'idea di
"frattura"; l'integrità dell'opera è ormai compromessa e abbandonata. Non si tratta di un processo di semplice scomposizione o di analitico smontaggio di ogni singolo componente, il processo non è più reversibile.
L'oggetto viene rotto, fatto in mille pezzi, a volte dilaniato come una esplosione improvvisa, altre volte compresso e deformato da una opposta forza implosiva. Il risultato di questo evento, di questo processo più o meno profondo di destabilizzazione interna, è lo scardinamento dei meccanismi di coesione, la perdita dei legami interni, delle strutture sintattiche dell'opera. Anche qui, però, vi sono diversi gradi e intensità. A volte la
frammentazione si manifesta come una semplice spaccatura, come un'interruzione netta della continuità fisica e logica dell'oggetto, a volte come una più marcata rottura o instabilità dell'insieme, altre volte ancora come un vero e proprio processo di totale decostruzione. L'idea di frattura può essere individuata nei tagli di Lucio Fontana o nelle opere di Matta Clark che, in particolare, in Splitting, effettua una letterale resezione in due parti di una casa abbandonata.
"Un fatto nuovo della scultura", definiva Fontana le sue opere e, un modo diverso di pensare l'architettura per Matta Clark, per il quale si è detto che "forse il risultato più significativo raggiunto è stato quello di dimostrare che l'architettura può trascendere i confini disciplinari e bussare direttamente alla porta dei sogni".






Il tema della frattura può amplificarsi, abbandonare la dimensione del gesto minimale anche se dirompente e diventare frammentazione. L'artista francese Arman si fa interprete di estremo e originale di questo tema, tanto da meritarsi l'appellativo di "poeta vandalo". Nelle sue opere dopo aver acquistato alcuni oggetti, molto spesso strumenti musicali, li distrugge con furia improvvisa riducendoli in mille pezzi. Nel suo Chopin's Waterlool'effetto e sconvolgente; nulla è rimasto, l'insieme dei pezzi, i tasti bianchi e neri, le corde, i martelletti, la stessa cassa armonica sono distrutti e dispersi nell'atto catartico di ricongiungersi al molteplice e al caos primordiale. I mille frammenti del pianoforte, conservati quasi religiosamente nella precisa posizione scaturita, casualmente, dell'azione distruttiva, producono solo una lontana eco della propria integrità originaria.



Nell'opera dell'architetto giapponese Hiromi Fujii o in quelle di molti altri, fra i quali Peter Eisenman, le modalità, le intensità, i tempi sono diversi da quelli dell'artista francese, ma il punto di partenza e il processo decostruttivo nel suo complesso sono i medesimi. In Fujii per esempio il punto di partenza è sempre l'unità. Egli al pari di Arman, sceglie una serie di oggetti integri, di volumi regolari, di parallelepipedi puri, li dispone regolarmente secondo una maglia, un modulo uniforme, poi, attraverso progressive rotazioni, scardinamenti, fratture e sconnessioni, mette in crisi l'intero sistema, fino a definire una configurazione finale in cui le trame, i reticoli, le ortogonalità, si intrecciano e si sovrappongono caoticamente.

Se questa pluralità nasce dalla "frattura" intesa come esplosione, essa può anche essere frutto, al contrario, di un'implosione, di un movimento verso l'interno, configurandosi come unacompressione. Un sistema di forze, questa volta dall'esterno all'interno, interviene sulla massa, la modifica, la distorce, turba la sua quiete fino a nascondere la forma iniziale in una nuova forma. E' lo spazio "ripiegato" di Eisenman, dove non esiste più nè orizzontale nè verticale, nè il detro nè il fuori, nè alcun'altra regola privilegiata di costruzione. Tutto si trasforma, senza apparenti regole, come se una pressa stesse schiacciando pareti, solai, strutture, modificando, oltre alla forma, anche la funzione di una singola parte. E' per questo che lo spazio ripiegato, come dice Eisenman, perde ogni contatto con la ragione, con la funzione, con il significato; l'oggetto da razionale diventa emotivo, da funzionale estetico, da univoco plurimo. "L'idea di 'ripiegatura' modifica lo spazio tridimensionale della visione. Lo spazio ripiegato è un tipo di spazio emozionale, che riguarda quegli aspetti che non sono più associati all'affettivo, che non sono più della ragione, del significato, della funzione". Assistiamo a un processo metamorfico che, passando attraverso uno stadio di degradazione, di negazione, di violenza sull'oggetto, giunge alla sua riqualificazione totale, alla liberazione delle infinite potenzialità espressive del materiale, del colore, della massa. Un processo simultaneamente casuale e logico, negativo e positivo, contradditorio ma in fondo assolutamente naturale.






La ROTaziOne, lA soVrapPoSIZIONE, L'incAStro

E' sufficiente che un fattore di instabilità incida, anche se leggermente, la regola vigente perchè la staticità dell'ordine esistente lasci il posto al dinamismo di un vero e proprio campo di forze. La semplice rotazione di un volume rispetto a una griglia di riferimento o la sovrapposizione e l'incastro di due forme, equivale a inserire nella stabilità della regola l'instabilità della deroga, nella staticità e nell'ordine il dinamismo e il mutamento.
Una rotazione di appena 3 gradi e mezzo permette a Richard Meier di instaurare nel Museo di Arti applicate di Francoforte un complesso gioco dialettico, in cui la trama dei percorsi principali si sovrappone al modulo regolare delle sale fino a intaccarle, a scardinare la geometria originaria. Un processo contemporaneamente di perdita della regolarità e di acquisizione di nuovi gradi di variabilità.







Una griglia regolare è la matrice geometrica della House IIIdi Peter Eisenman, ma la rotazione di 45° fra la struttura e l'involucro provoca una serie di reazioni a catena fatte di compenetrazioni, sovrapposizioni e intersezioni che scardinano completamente l'unità iniziale.





Se nel caso della House III le regole del gioco sono ancora in parte rintracciabili, quando alla rotazione si affianca un processo di stratificazioni multiple, di sottrazioni, slittamenti o traslazioni, come nel caso del College di Cincinnati (similitudine con gli Shift di Robert Smithson) tutto si complica a tal punto che non ha più senso voler rintracciare l'unità e la regola iniziale






Questo tipo di intersezione fra spazi geometrici regolari e trame sovrapposte di percorsi si ritrova, ricco di conseguenze e significati, anche nell'opera Shibuya Project di Tadao Ando che, non a caso, afferma: "la parola 'astratto' mi porta alla mente la serie degli Omaggi al quadrato dipinti da Josef Albers. La parola 'concreto' evoca nella mia mente le incisioni delle Carceri del piranesi. Incorporando una rete di percorsi in una forma geometrica semplice, celando il labirinto piranesiano con lo schematismo di Albers, ho tentato di esprimere la dualistica presenza dell'astratto e del concreto in architettura."